di Stefano Falotico
Ella s’intirizzì, il mio cavallo s’imbizzarrì e rizzo fu al lazo preso di vol(t)o arrossito.
Spomp(in)andomi, nel cimitero infilai la mia crucis. E l’ambulanza mi salvò dalla puttana in calore.
Prima che seppellisse il mio cadavere assieme al suo, da an(n)i andato già nella tomba peccaminosa senza romanticismi e mimose, si toccò ove, senza pudore, la mostrò al corteo dei piangenti, vicino ai c(ipr)essi. E la incipriò.
Tornai al cimitero e regalai al becchino un “bocchino” della vedova. Quella era mia moglie.
E questa è una stronzata necrofila ma che sa il “cris(an)t(em)o” suo.
M’apparve infine un cer(v)o, aveva una brutta cera perché anche lui fu trasformato in Bambie dalla gatta morta.
La vita è una (s)figa.
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