Fra lugubri stanzoni asettici, asfittico è il torpore del malessere cutanea-mente (o)scuro che, dal profondo nefasto quanto speranzoso del rifulgere in gioiose, nuove armonie, funesta quanto intenerisce e sprona splendente il gagliardo, gaudente spirito degli uomini apparentemente cupi, più vivi degli They Live nauseabondi e frivoli, avvolt(olat)i foschi-dementi in questo mo(n)do oggi rocker, domani melanconico come una fievole, calda melodia jazz che, sfregando immagini inquietanti di (sotto)fondo, cari (s)fondati (in)certi, irta ed eretta di cric-track-mind, irosa e rossa nel trasfonderci umana, cauta e lieve, ci inonda di letizia, invece, corroborante la nostra psiche, sempre anima(ta) nella mente vera e giustamente, appunto, vitrea nel lindor accecante del viaggio pen(sier)oso e talo...
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Il pozzo e il pendolo
Impia tortorum longas hic turba furores Sanguinis innocui, non satiata, aluit. Sospite nunc patria, fracto nunc funeris antro, Mors ubi dira fuit vita salusque patent.
L’empia folla dei carnefici, mai sazia di sangue innocente, alimentò qui infiniti furori. Ora la patria è salva e l’antro funereo è distrutto; ecco la vita e la salute là dove un tempo c’era la morte crudele.
(Quartina composta per l’ingresso d’un mercato da costruire
sul posto dove era sorto il Club dei Giacobini a Parigi).
Ero stanco, mortalmente sfinito al termine di quella lunga agonia, e quando mi sciolsero e mi fu permesso di sedere, sentii che i sensi mi stavano abbandonando. La sentenza, la terribile sentenza di morte fu l’ultima distinta frase che le mie orecchie percepirono...
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