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L’osso duro dagli zigomi d’argento

di Stefano Falotico

Una maschera scoprì i crimini della società e, di sua già congenita, putrida nerezza, la offuscò

Con piacevole sollazzo, gaudio è il mio giorno che invoca lacrime di corroboranti nostalgie arcane. E nessuno proferirà altre bestemmie contro il mio Dio. Il Dio dei venti, delle barbariche notti mie silenti, ove intingo il mio corpo in abrasione ludica di come, parsimonioso, mi scaglierò sempre demonio contro chi invase, ad anelar superbamente, ah ah, di volermi infrangere, l’odore delle mie lune sacre. Qui, sono io, assieme ai lupi, a sbranarvi con fiera bramosità parimenti assassina e cruda, della stessa spietatezza con cui marchiaste, io vi renderò pan per focaccia. Azzardatevi ad azzannarmi e più forza mi donerete di rabbia inesausta...

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La vita nostra tombale e sepolcrale, esigiamo silenzio (ir)religioso

di Stefano Falotico

Il fe(re)t(r)o delle mie emozioni vitali e funebri

Sguaino il mio cuore in altezzose rinomanze e, ammantandolo di dolce mia boria, sì, posso permettermi l’arroganza sfacciata dinanzi alla vostra umanità manichea e dunque bugiarda, con strafottenza avanzo eppur già morii, screpolato nel cordoglio che la vostra “rettitudine”, iddio come rabbrividisco, mi perpetrò l’anima, uccidendola con lentezza orrenda, d’acuto vostro sporco scibile che si pavoneggia, paventandosi savio, addobbato da tutta questa lercia e immonda frivolezza.

Io non so ridere, quando rido lo faccio per sfottere e persevero dunque ostinatissimo a ingarbugliar la mia mente per non “assottigliarmi” alla vostra “fine” demenza, ché sempre partorirà lamenti vani quanto poi vanesi a celarsi nella...

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Anche Marlon Brando è dolce come il burro, senza un tango ma da solo nelle tane, col ricordo di una donna da letame col tanga

Brando Parigi

Ancor’innamorato, morbido e morboso fra moribonde striature dallo svelto, velato pensiero.

Non è stata una gran vita, così decido di “circoscriverla” in una tastiera che l’inganni, la capti per come poggio i neuroni emozionali d’un rimpianto battente, o forse proprio da quel blackout rinascerà un’atavica speranza che credetti morta? Che ne so? Pensa a saperla tu, che ti professi di “sapore”.

E soprattutto lavati col sapone migliore. Quello che ti cancella la merda dalla faccia. A lentezza stanca, macilento… tu che prima primeggiavi in tutto…, cioè me stesso, ora non sei più o solo piuma, poeta per sublimare quello squittire che tanto però abbrustolisce, stizzito soffri, piangi lagnoso, ti dimeni ma ne val la pena?

Ambasciatore porta il piatto della vendetta...

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La leggenda furibonda del Principe Vlad, che scopò la “sposa” Monica Bellucci, dalla Transilvania della sua reggia scese nel Mondo “normale”, e divorò una “famiglia”

la trivellò senza (r)esistere al suo pudore, in quanto come me, adoratore delle storie dell’orrore e soprattutto della “tortura”… quindi la gettò ai lupi e alle ortiche, masticando il suo fegato

 
Prefazione dal diario di bordo del giovincello Jonathan Harker, mio umile servo in attesa del trionfante ritorno a Londra, che mi coprirà vessante d’altro “funerale” in  sp(r)ezzanti, “vanaglorie” dei loro unti, carnali e oscuranti odori cosmetici alla goliardia frizzante, che io chiamo annacquate, superate superstizioni, in quanto superstite d’una società già morta...

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Il Corvo

“Il Corvo” di Edgar Allan Poe o The Crow di Alex Proyas? Non The Raven con Cusack perché amo falotico delirar da tal racconto a mio Cure, “cura” e di Cor burn! Ah ah, leggete!

Del Poe rispetteremo la perfetta spaziatura e gli “a capo”, così come puristi noi adoriamo le licenze poetiche del sottoscritto che lo giustifica a genio suo, rielaborando di convergenze con Brandon Lee su reborn di “virtuale” rinascita appunto

Il Corvo

Una volta, in una tetra mezzanotte, mentre meditavo, stanco e sconsolato,
su molti strani e astrusi volumi d’obliata sapienza,
mentre, sonnecchiando, già il capo mi si chinava, mi riscosse d’improvviso
un battito leggero,
come d’uno che bussasse sommesso alla porta della mia stanza.
«È un visitatore», borbottai, «che bussa alla por...

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Stefano Falotico è come Poe, il Maestro

 deniriano 21

Oh, miserabili miei detrattori, dopo tutte quest’offese, generate dalla vostra “indecifrabile” invidia, ammetto che demoralizzato stavo per abbattermi.

Ma dinanzi a me si spalancò la bocca della creatività e, dall’imminente precipizio, oh che baratro di miei indistricabili meandri, ascesi “maledetto” e baciato da un Angelo salvatore.
Egli “calò le brache” per iniettarmi forza proveniente dagli energici mari del Nord.
Soffiarono virulenti a illuminar il mio cervello obnubilato e, d’appannanti pulsioni autodistruttive, fui preda del Demonio che si stava scelleratamente cibando del mio armonico fluido vitale.
Anima, stavi deperendo, anchilosata da vipere e sanguisughe ad avvelenar il mio pindarico furore.
Dagli abissi di quest’imponderabile Fato, riemersi lucentissimo ...

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