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Anche Marlon Brando è dolce come il burro, senza un tango ma da solo nelle tane, col ricordo di una donna da letame col tanga

Brando Parigi

Ancor’innamorato, morbido e morboso fra moribonde striature dallo svelto, velato pensiero.

Non è stata una gran vita, così decido di “circoscriverla” in una tastiera che l’inganni, la capti per come poggio i neuroni emozionali d’un rimpianto battente, o forse proprio da quel blackout rinascerà un’atavica speranza che credetti morta? Che ne so? Pensa a saperla tu, che ti professi di “sapore”.

E soprattutto lavati col sapone migliore. Quello che ti cancella la merda dalla faccia. A lentezza stanca, macilento… tu che prima primeggiavi in tutto…, cioè me stesso, ora non sei più o solo piuma, poeta per sublimare quello squittire che tanto però abbrustolisce, stizzito soffri, piangi lagnoso, ti dimeni ma ne val la pena?

Ambasciatore porta il piatto della vendetta. Il resto è da ve(n)dersi se sarà una mancia(ta) di colpi in pancia mancini al fegato mangiato. Non sono un gatto. Non ho sette vite e quindi devi rispettare il mio suicidio.

Porta via questi biglietti d’invito. Via, via! Vattene fuori! O ti butto io a calci già dal burrone!

Che fai? Mi offri della burrata? Ti sborro!

La gente non leggerà mai le tue “cazzate”, sei uno che cazzeggia, uno stronzo senza questa da tutti chiamata dignità. Che poi cosa sia non si sa.

Ho visto laureati con lode scopar puttane lorde, ho visto avvocati rubar i crimini ai notai, che si son scopati la figlia del dottore, ho visto “comò” appunto rubacuori far l’ammalata nel cambio di sesso con pagate mulatte.

E, fra questi “lieti”, suono il flauto, pensando che m’è andata bene al non far un cazzo. Mi son risparmiato la delusione, anche se domani potrete trovarmi in manicomio. Ciò è certo, non (ci)piove. Malinconia!

Manicomio in cui me la rido, miei inculati “quatti quatti”. Ove è già affissa la “locandina” d’un film “biopic” (d)a me ispirato, intitolato Fatti i cazzi tuoi, altrimenti mi farai il culo.

La battuta già storica è questa a mo’ di “promozione”: “Sei bocciato, ora rimboccami le coperte!”, pronunciata dal mio rivale che m’ammazzò nel duello finale fuori campo e “coprifuoco”.

Film ambientato a Manhattan con Woody Allen come comparsa elegante fra una scazzottata in riva al fiume e una zoccola assoldata alla “buoncostume”, detta anche mafiosamente, in stile di Little Italy in quel di Brooklyn, “Colei che picchia i broccolini che non sanno usar il manganello da (b)ricconi”.

Questo sono io. Un fottuto… ora, dammi da bere o ficcherò le tue “olivine” nel drink. Drin drin, chiara l’antifona?

Ah no? Allora, eccoti “innaffiato”.

Dopo il drin e il plof, c’è sempre il bang. Anche il buco del cul’.

Abracadabra, sei cascato nel bicchiere e ti ho frantumato come la porcellana, caro porcellino, (s)beccati il tuo “coniglio” spuntato dal cilindro.

Ed ecco il mio “bacio” colore “cedrata”.

Sono caloroso quanto Parigi a Novembre.

Cioè, “evidenziamolo”, il tuo cazzo acceso… in senso di dolor peggio degli ascessi.

Lo getterò nel cesso. E tu, figa, vuoi il mio?

Devi ancora mangiar pagnotte prima di poter pappare un pene di tal qualità.

Perché sono il panettiere delle infornate cremose ed esigo solo soffici bomboloni. Basta, ninfomane! Ti faccio infoiare io!

Sì, adesso, a benzina sul “fuoco”, vedo che ci siamo a livello di lato posteriore.  Facciamolo sui sedili anteriori. Almeno, il retrovisore è vicino e ci accorgeremo delle censure da maniaci guardoni.

di Stefano Falotico

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