Di male in vostro peggio, quel che importa è avere “culo”
Introduzione ironica, su calor(i)e del cazzo te lo frego
Tutti a prepararsi per San Silvestro. Ma dove cazzo volete andare se non in culo alle vostre balene quando è il cervello che vi manca? Di mio, posso dire che mi masturberò su qualche canale eroico, suonandomelo di lirica del cavaliere solitario, come Clint Eastwood, pistola in grilletto freddo a scaldarvelo. Anche per quanto concerne l’erotismo onanista, infatti, la mia cerniera apatica non dà di botti/e artificiali. Oramai, credo solo a dormirmela. Fallo sta, che son cazzi. Comunque sia, lo prenderete. Il resto è consolarvi da lamentosi e diete ipocaloriche d’insalata fra acciughe scopate e un origano al posto del vero orgasmo. Fidatevi.
Non c’è speranza né per la mia testa ma soprattutto per i tuoi testicoli. Te lo amputo e ti butto dal “balconcino”, da “puro schizzato” formato “Fottuto”.
Capolavoro di fine paletto d’avorio alla Gran Torino
Anno 2014: le red lights spericolate del magico esoterismo in esplosivo titanismo di lussuosa Gran Torino, fresca d’apoteosi vendicativa
Ogni “ciarlatano” potrebbe, a differenza del finale posticcio e consolatorio di Rodrigo Cortés, annuire a sé stesso, osannando l’aroma d’una detonazione (in)aspettata, in attesa che si compia il manifesto, totale, universale sacrificio estremo, punitore d’ogni reato nel giammai scagionare i pusillanimi, a fiera e sì baldanzosa destrezza avvolta da nettari succosi nell’anima ventricolare, che brinda eccelse ed estatiche lune fervide, afferranti la bramosia viva del diamante nel suo esser stato violato d’acuto rintocco e punta ferina, appuntita nei rasoi dello sbranare lo spalancato vulcano e tergere i maligni d’unzione sanguigna a flagellati in remissione dei peccati.
Immolato è il cavaliere se, prostrato a tal ferma e battagliera visione mistica e punitiva che invocò e ora avrà, di violenta missione “suicida” ripristinerà l’arrugginita immondizia del Mondo qui a voi, adesso, permeato di avido sperma già morto e “languido” di carezze mielose così come Satana mentì a Dio nel camuffarsi da pagliaccio rubicondo che spaventar non mi fa, ed esso tremerà, lustrato di tutto mio duello in guanto nero dell’assorbirlo a mia divinità.
Gregge vostro addolcito dalla falsa coscienza, piagnucolate accidiosi nel lamento sgraziato d’uno strazio oramai da me superato. Io che valicai i monti dei pruriginosi tabù e d’urla inveenti, sol perché solare adoratore del vento notturno, mi cosparsero di morsi a mio licantropo inguaribile e guaente in profumo guarnito e invero più senziente.
Gioite di feste e abbracci ruffiani, io arruffo il pelo nel lago stagnante della venerazione a me appiccante. Fuochi dilanieranno le vostre membra e la Luna si temprerà di rossa Apocalisse mortale, come la scia dei colpevoli, bruciata, divamperà in blasfemo corteo dell’ischeletrito lor scannati da già fantasmi che furono e presto cenere dimenticata saranno nei tempi delle notti a me il sacro templare.
Non pretendo d’essere compreso, la mia è una suffragante, giudicante a voi, mentitori, verità che sa e sapete. In quanto sono.
Il resto è l’avvenire dopo che giustizia avverrà.
Il fresco piacevole d’una serenata in macchina nell’aver gli avari incarcerati.
Piangeranno mesti e sconsolati e io riderò da matto. Anche altrove, lassù, in Pace! Io!
Quale sempre mi son professato, in onestà invidiabile e, invidiato, da patirla perfino d’inganni, spergiuri, diffamazioni e ipocrisie laide.
Rotolo in strada piovigginante, servo del mio destino.
In guardia, fra le sbarre, in trincea state gemendo. A mio adesso aver invertito il sadico godimento.
Perché vidi. E in tal cataclisma miracoloso vi punii.
Siete da Dio stati puniti.
Impuntatevi e altro dolore udirete nel rimbombo dei vostri rotti specchi.
In dentro fratturati, per sempre.
Parola del Signore, Clint Eastwood.
Cosa mi aspetto dal domani e dal nuovo an(n)o?
Rifartelo.
Fine.
Anzi no, vaffanculo ancora! E se non ti sta bene, ti starà male di striscio. Non rispetto le pedonali, figurati le pedine.
Prendi la tua bambina e gettala nel cesso. Altrimenti, lo sciacquone le sarà servito a tua poi saponetta di ossicine.
Se vanno a festeggiare ai locali “caldi”, raffreddiamoli subito
La mia vicina di casa andrà a brindare, e stappare i cazzi fedifraghi col marito imbottigliato fra risate “champagne”, al “famoso” ristorante-pizzeria “Al Cuntadein”, ubicato vicino Pianoro ove serviranno al consorte fregato una “piadina” cruda e alla moglie, “sessualmente” arzilla, un’impanatura di pene/i fritto/i. Impanatura fra moglie e marito del pesce a metter il dito.
La figlia è una demente. Da an(n)i, è sposata con un saldatore. Della serie: Dio li fa, scopano, scoppiano e la fede, pur tradendosi, li tiene “uniti”.
Per questo c’è lo zampone. A ricordarvi che siete, senza distinzioni di sesso, razza e religione, zoccole e tali rimarrete sinché lenticchie non morirete a cottura lenta.
Di mio, farò scoppiare un peto, scopandomi una cretina di petardo.
Su tale sbottato, buon anno di boom!
E ricordate: trovare l’amore è “duro”. Meglio la masturbazione di “burro”. Almeno non devi render conto a nessuno, tranne al tuo, migliore di te che te lo racconti. Chiamami Il Conte.
Un attimo, però, non perdetevi il finale con “Addio, a Gesù, a tua sorella, una zoccola”
L’ultimo dell’an(n)o non “schizzate” con donne di malaffare. Quelle te l’afferrano forte e ti lascian senza ferro. Lo so, perché non ce l’hai per cerniera e per cer(t)o.
Sono un suonato, un Silvestro, una corsa campestre, un neonato o un campagnolo?
Forse, uno zampognaro con gli scarponi. Sono uno Yeti, ch’è meglio di quel che fu ieri e del tuo funerale. Sicuramente te l’ho messo nel didietro e vai avanti così in retroguardia.
Che cazzo guardi a quel che sarà? Pensa a quel che sei, il nulla.
Adesso, con permesso, cari (a)sessuati, vi (la)scio. E vi do in bocca le compresse. Senti che zuccherino!
Perché io sono la bella neve nella mia ballante nave.
In senso di balle e anche di bolla.
Tu pensa a quel che in pentola bolle. Sta annacquando in bagnomaria il tuo cazzo voglioso di verginelle che bolli.
Ama il lama, sputante animale. Altro che spumanti, mutande rosse e leopardate.
Questa vita è uno zoo e io sono il Primo.
Dell’anno? No, del fartelo nel buc(at)o.
Se non ti è piaciuta, non so che farci. Più che (dis)gustarti, il mio compito salvifico potrebbe finir in figa tua. E non godrai molto.
Firmato il Genius
(Stefano Falotico)
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