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Hamlet

Essere o non essere? Meglio il teschio, bacialo!

Essere o non essere? Meglio il teschio, bacialo!

di Stefano Falotico

 

L’inverno del nostro “concerto”

Vana è la strada di chi, timorato da Dio, chiede venia perché mi sven(tr)i, resisto basculante in oscillazioni nervose ma tutto il mio casino è (de)generato da una rinomata Natura, anche corporea oltreché fisica, che sradicò il Tempo per innamorarsi nei suoi lembi, lemme lemme e flemmatico arco di tempie contemplanti. Girovago, non mento a chi sono dentro, trascorrono le stagioni e le piogge dell’anima trascolorano, un viavai di “saliscendi”, di sale a pelle in dolcezza eburnea che guarnisce ma, giammai guarito, rido (s)contento. Imbrunita è l’aurora, porgimi un sorriso e increspalo a virtù della più vanitosa mia spina infranta in rose ammaccate dell’animo perso. Secondo molti, sono ammattito, secondo me, il solo detentore del mio destino, delle ferocie dentali e “intestine” ai miei ingranaggi invero più di prima raggianti, questa fosca vaghezza, nel pensare alato, m’è indubbia amica alleata. Ammicco con più garbo all’eleganza, sfamo la Notte in ambrata anima non dissanguata. Oh, vili, attaccatemi e schernite, ridete della vostra “saccente” prosopopea, creperete non capendo la vita, fenomeni poco cresciuti di Cuore, carpendo “stentorei” attimi dell’estemporanea idiozia d’un utopico (ar)restarvi topi. La mia musica sta partorendo liriche infinite, planetaria ira e ariosa, briosa, rossissima rugiada. Ruggini smaltite, sbuccio le labbra, brucio di bicchieri colorati nell’alcol mi (ar)rendo altrove. Navigando in tempeste armoniche del batter cardiaco e a te invaghito, forse sfiorata, mia amante lontana. Mi stupri la Vergine in mio petto battente amore puro, godi con un menestrello fra canterina “mascolinità” da quattro soldi. E ti svendi, a lui ti svesti, la sventoli e anche in gondola glielo lecchi. Che onde da stronza. Non me la racconterai…, già ci cascai, affogai, permeato dal Ponte dei Sospiri io perii in travolto innaffiarmi di corna sott’aceto. Sono anche umoristico, vedi? Negli abissi perlaceo. Ora, datemi una chitarra, scusate per il catarro, è colpa di me che spesso m’arrocco senza torri trionfanti ma “furfante” da spirito privo della vostra gelosia. Infatti, per sua (dis)colpa, son già morto d’un mancino colpo alle spalle. Troia! Ammirami dall’alto mentre mi fiondo sul lastricato. Spiaccicato al selciato, come un ratto non amato. Ma, scricchiolando nel ciottolato, rinascerò per altre cioccolate. Rammolliti! Ora, datemi una canzone rock, questo tonfo m’ha rinforzato più duro. Dalla fragilità, è risorto in Cielo. Osanna! Puttana!

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