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Am(let)o non amarmi di-letto

di Stefano Falotico

 
Teschio volteggiante sulle mie pal(pebr)e che, lucido, corrodendo la mia anima, si spacca e annuso, nelle sue mille fratture, la mia friabilità e il sen(s)o… del tutto nauseante. Siete rivoltanti, morti in viaggio che camminano in the mouth of madness, la luciferina foll(i)a impazza, sempre più pazzi stan nelle p(i)azze, c’è chi sbraita, chi apre le serr(and)e e chi si scalda, state calmi. Andate a Venezia e immergetevi… nelle calli, dico anche a voi, donne callose, a voi, uomini calunnianti, a te, testa di cazzo. Pigliatelo in culo e nasconditi nella tua ombra, non lascerai nessuna orma, sei sol un orso e un già morto. Ti do da mangiare questo salmo(ne) e abbocch(era)i sempre come un pesce, sei un peso, evviva El Paso! Ove i cowboy ruban le banche, mio gregge di pecore in branco. Ecco il du(ell)o di me (s)doppi(at)o che, spadaccino, ficca uno in pancia, fumandosi l’oppio op op a ca(va)llo, sì, aguzz(in)o, quindi estraggo il da(r)do e, nel “giogo” della lama, ti getto fra le lamiere, “giocandotelo” senz’altri gett(on)i. Sì, dame(rino), ecco l’uomo che infil(z)a nel “buchino” e bacia a culo la vita, gioendo dei suoi camaleontici cazzi, svoltando a destra di “man(i)co” e “man(i)ca” contro di te, nato con la (ca)micia e dunque cane fottuto. Ecco l’uomo di cui vorreste vivere l’uccello ma mai potrete gustarlo, perché egli “schizza”, facilmente si scazza, che pal(l)e. Noia, amami, scopami, (t)rombami una serenata e giammai sarò sereno in quanto d’umor variabile in atmosferico viver fra le nuvole, tu, (co)r(n)acchia, sta’ zitta e beccati le briciole, non sei la Bice adatta al mio Paradiso, non darmela, io non son Dante, hai voluto quell’uomo da catena di monta(ggio)? E allora pedala con lui in bicicletta senza raggi… solari. La sua vita è (im)piegata, di triste affanno ingrigisce ora dopo “orto” che coltivi a “pisello” moscio. Da lui, riceverai solo la cucina e le pa(de)ll(at)e su tuoi “testicoli” da donna “emancipata” quanto le la(sa)gne di una vita “infornata”, cara be(sciam)ella.

Qui, io vivo, io vissi, se mi va, son anche Mortensen Viggo de La promessa dell’assassino, evviva le donne di Vigevano e vai con la vita, miei morti che vegetate.

Le casalinghe di Voghera son donne di volgo, sì, ma san scaldare anche(ggiando) le vongole meglio dei gondolieri. Ieri, dov’ero? Domani, chi mai sarò? Sara vuole Deborah e l’h aspirata si fotte del desinar assieme in desinenza “ah ah” eccitante da lesbiche “scioglilingua” sul sospirar ché l’alba dei sogni è spirata in una (r)esistenza a spir(al)e, poche ros(s)e e molte spi(n)e, andate a puttane tutte/i e salutami tua sor(ell)a, una da clausura e non da “d(i)ur(n)o”.

Buongiorno notte, bel film di Bellocchio, il caso Moro e il morto non usò il casco. Morendo in “moto”… perpetuo del suo cervello “pneumatico”.

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