Fragorosamente rinato, dentro la mia poesia più fulgida… ri(t)mato, ondante fra mille umori mutanti, perso, vagabondo, viandante.
“Origami” di mio esser “androide” in tal mia nostalgia da Blade Runner. Ché rimpiango il tempo passato, non lo temo ma, dinanzi alle spettrali mentalità “odierne”, moderne d’orrido viver “dabbene” da mendaci, ferini, sferranti ca(r)ni, squagliandomi nei riflessivi, melanconici pian(t)i infernali d’un tormento ossessivo e a mio distrutto cuor disossato, angosciandomi spaventosa-mente, non so se m’incanto d’un altrove sognante oppur mi lustro d’una purezza magnifica. Incendiandomi di passioni dense e vividamente sanguigne, “weird” perché non adatto ai “contemporanei” nerd, ai lor “tristi temporali” da stronzetti sempre fissati coi fum(ett)i. Gente sbiadita…
Piove, insiste la pioggia battente e io mi perderò fra i rivoli camaleontici del mio illanguidirmi “grandinoso”, scalfendo i selciati del mio non morto, come Dracula a Londra, che di notte visse tra le “vergini” ma morì di sete, succhiato dai dottori alla Van Helsing, bastardi nel suo “collare” da esser troppo grandioso lupo per esser accolto nella “colite” della “normale” accolita omologante, troppo poco ligio al dover di massa per non esser ammazzato dalle frivolezze di chi (non) vive solo di liti(g)i, di depressioni che (os)curano con le false dottrine delle cur(i)e, incrociando sempre le dita nel pregar i lor Cristi bifronti, onesti davanti, gentili di facciata “marmorea” e “amorevole”, poi tremendamente marc(escent)i nella “provvidenza” del sbatterti in cella e in “gelo” se non obbedisci, da idiota, ai cretini “Credo” screpolanti dei tonti, già squamati, che sol san appellarsi al cielo quando a lor non va la “cappella”.
Si chiama (im)potenza, testa di cazzo.
Bevitela!
di Stefano Falotico
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