di Stefano Falotico
Alla psicoterapia, ho sempre preferito la poesia, Dracula e Fuga per la vittoria, io scelgo il mito, io scelgo la foll(i)a che mi acclama, un torbido spirar alla “spirale” delle “spie”
Conosco, al solito, una donna. Le porgo un occhio semi-asciutto in ammiccamento beffardo, forse sotto i baffi d’altre ce(r)n(ier)e delle beffe. E non l’arraffo, sol altro fegato mio “arruffato”, in un richiamo però sempre più appassionato. Spesso non m’arrendo, altre “da solo” m’arrangio. Ma se diventa “solido”, sì, “pene” di contraltare, Dio mi punirà per questi auto-erotismi “bestemmianti”, ma non ho sonno, pace di pece e son-non sono la bestia, lei è bella, eppur alle “pecorine” vostre non belo. E, nonostante “tutto”, son sempre più bello. Anche quando nel girotondo ballo. Sbavate per i miei baffi, la mia barba è (in)colta, io sono il Conte e con me, voi del porcile, dovrete prima o poi far i conti. Qui, non si gioca alla romana ma a calci(o). E se, come Pelé, eseguo una rovesciata, piglio al “volo” ogni nazista, impressionandolo d’un gesto più alto del suo aver bruciato le nostre speranze, i nostri coraggiosi aliti, i nostri ebrei trattati da lebbrosi, noi da lor slabbrati, mai però di fughe e foghe ebbri. Prendetevi un’altra (s)figa e trattatela ma(ia)le. Io son il condottiero della mia anima e preferirò per tutta la vita una parata alle sparlate. Sparasti e qui son io, (s)fottente, ché non ti paro il “culo”. Demente!
Ti denuncio a mia (s)volta e ti blocco le “palle”. Nell’urlo forestale della festa nostra, di noi scoiattoli a tua testa di cazzo piscianti.
Inghiottito dalle falci mortifere e dalle tentatrici, tentacolari fauci di questo mondo di feci, sbrinato, un freddo polare s’è spanso, e l’aridità si mischia all’aria, commuovendomi a ogni istante, ché or mi muovo e siete voi a commuovervi, ad aver paura, a rintanarvi poiché è spaventevole coprifuoco di mia fuggitiva, imprendibile o(mb)ra.
Qui, io mi vendico come una furia rossa, come un pirata a incendiare i piromani che arsero i miei verdi prati e i miei polmoni… freschi. State arrestati, miei capi di “Stato”.
Io dietro (ti) sto.
Il cuor che sanguina e un collo tuo “issato” in mia gloria. Altre gole, forse la galera. Meglio dei galli.
Evviva chi russa in Russia ed è ruspante, rustico.
Ostile, ostico, ero(t)ico.
Qui, è devastante (onni)potenza in gioco falotico.
Ma la società piccolo borghese vorrebbe curarmi dal (rim)pianto del vostro intralcio, dall’ottusità delle vostre ipocrisie taglienti e del vostro modo di (in)tenderlo…
Io alzo l’anima e mia è qui la vita che, fulminante, sgorga in fremito di me ferente art(ic)o, nudo (s)profondo.
Sottilmente acu(s)t(ic)o nel rimbombo dei tuoni, nel mio Rambo, nelle mie segrete dei mister(i) vostri (s)coperti.
Ecco il puro divorato dai por(c)i vostri, ecco il “muto” che sbotta, borbottando a chi, boicottandolo, lo “sputtanò”. Chi crudele azzannò, chi al dolor aizzò, chi “rizzo” si credette dritto.
Pensando che sarei scappato, dopo avermi “scopato”. E che, anziché perseguirlo, avrei dovuto sol sgobbare da “gobbo”.
Da (im)piegato, da plagiato, da piallato e forse un domani anche stanchissimo e pelato.
Lui, puta e Ponzio Pilato, io Cristo al volermi suo crocefisso con la mentalità “aguzz(in)a” delle sue (in)ferme fisse. Ma io non sono un fesso e sei tu che morirai nel fosso. Dopo che t’avrò spolpato d’ogni ossa.
Nessuna ostia, cattiveria omertosa ché anche tu, amico (in)fedele, non osi e pensi solo alla sua ros(s)a…, nessuna (com)unione, nessun ecumenismo. Fottiti, cattolic(esim)o.
Voglio il porno, non l’osé e le rossette.
Oh oh, o siam russi e davvero rossi oppure vaffanculo!
Nessuna dottrina, nessun catechismo, nessun chinato, solo te spalmato.
Solo io, assassin(at)o.
Spi(n)a nel fianco, eppur ho ancora (f)iato.
Se vuoi intervenire con intenti taumaturgici, fai prima a chiamar il chirurgo.
Adesso, cuciti la bocca e in pancia beccatelo!
Becchino!
Tu, psichiatra del cazzo, sessuale maniaco, ecco il “bocchino!”.
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