Shining, uomini, siate sempre nella luccicanza dell’adamantino, vivido lindore da (in)fanti
Non raffreddatevi, non verrete così assiderati nell’algido mattino del triste figuro…
Acquosa, la mia anima nervosa, schizza e “sguazza” fra la dura neve sobria e (in)felice d’una tormentante angoscia perenne ma vivaddio (in)sana e non melmosa, tenera, la mia anima non s’indurirà all’aspra corruzione dei “grandi”, quegli orchi dagl’occhi repellenti, mortiferi come gli strapiombi “taglienti” dei Pirenei più “brulli” e rocciosamente ferenti in lame scalfenti, giammai giacerò o “gracchierò” da (im)mobile co(r)vo del mio cuore anneritosi e non più luminescente nello stupefacente, bianco, innato candore illuminante, non creperò, schiacciato in bar(atr)o e (s)g(r)e(to)l(at)o “impostato” come cadaveri ambulanti nelle (s)bar(r)e dei mielosi torroni (non) viventi, “torreggianti” ghiaccio insensibile degl’apici (de)caduti in bassezza crudele-spaccante, non m’essiccherò ischeletrito alle cancrene patinate-impantanate dell’orrore fattosi carne marcescente, non franerò, non mi frenerò e languido sempre scorrazzerò nella curiosità della romantica, creativa, vulcanica e lavica vivacità magmatica, fulgido nitore brillante dal continuo viaggiar an(s)imato, non mi ridurrò come un fantoccio “raffazzonato” da dei bambini giocosi che, scherzando in secchi fiocchi della rugiada gelata, morbidamente scolpiscono le lor paure infantili nel modellar un “freak” un po’ spaventapasseri e un po’ adulto “ammiccante” e cattivo, perfido d’occhiolini ambigui tra il non dir nulla e la spaventosa tristezza della sua “fermezza”, un po’ “babau” e yeti, nightmare inconscio di ciò che da “piccoli” tutti tememmo e poi, “crescendo”, fingiamo nell’“or in (s)bocc(i)a(ti)” di non più temere, invero tutto dentro tentando pateticamente di tenere(zze), conservandoci statiti-stagni da (in)fermi ai (man)tenenti bifronti e caudini, “caprini” e (in)castrati, soffocando il meraviglioso abisso delle cangianti maree senzienti all’emozioni più vere e profonde, ci saremo orridamente “mortificati”, in cuor nostro raggelatosi falsamente mentente, nell’aridissimo an(tr)o di quell’adulto “sciolto”, offuscatosi “marmoreo” già d’un cupo diventare l’insensibile “manichino” gobbo-addobbato a “festività” d’una “tradizione” (pag)ana che del Natale rispetterà soltanto i regali e quei ruffiani “baciamano” degl’ipocriti “volponi”, dei lupi “uomini” già agghiacciatisi nel fermo star “piantati coi piedi per terra”, pragmaticamente gocciolanti la putrescenza dell’inguardabile fissità ideologica, con gli occhi senz’emozioni più, come Jack Torrance Nicholson di Shining, (di)strutto da un bambino che, per florida “vi(t)a” della sua fantasiosa, imprendibile purezza luccicante, gli fu oltre e, se non perderà la sua stupenda innocenza, non soffrirà le pene dell’inverno da (s)contento… tremendo.
Sempre sa(li)rà!
di Stefano Falotico
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