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Shining

Spacca ma poi gli si ghiacceranno le palle

Spacca ma poi gli si ghiacceranno le palle

Il lupo cattivello

Il lupo cattivello

di Stefano Falotico

Nel labirinto, l’orco morì di (s)porca paura, i suoi omicidi fremiti si gelarono agghiacciati dall’indole “inferma” del bambino con la luccicanza

Molti anni fa, ora che maturo posso stemperare le emozioni rabbrividenti dell’incubo addent(r)ante che vi narrerò a breve, vidi coi miei occhi l’orrore, una delle storie, da me “aspirate”, fra le più raccapriccianti ché, solo rimembrarla, scote tremendamente le mie vene “adulte”.

Sin da piccolo, ho sempre sofferto d’una visione ascetica della realtà. Nei tempi, quand’ero ancor ciucciante i capezzoli di mia madre, ero svezzato in precoce odore di palpebre in mie iridi tanto mortifere da rifulgere proprio d’estasi vitale.
Credo, anzi ne son certo, che le mie insonnie… tutt’ora perduranti in molta indecifrabile imperscrutabilità dell’amato mio più sacro scisma mentale, la zona profonda degl’ancestrali neuroni, si siano originate, scaturite magmatiche da una “frattura” primigenia, un liberissimo neonato librante nello spazio atemporale, deambulante.
Una vibrazione percettiva che ha alimentato la mia e la vostra paura!
Un buio dell’anima che tanto magnetica attrae e ipnotizza tutti quelli che vengon in contatto con me, quanto così accecante d’allontanarli ché, terrorizzati, gridano asmatici, impauriti da ciò che, nell’inconscio, l’inquieta.
Non vi dannate dietro raziocini che ottemperino a qualche teoria rabbonente, è un sovrannaturale mio essere sempre a bloccare tutte le spiegazioni scientifiche. Un dono (in)naturale.
Empirica di un’anima diversa, propulsiva così vivissima da urticar i vostri visi.

Gracchio quando la Luna accascia i suoi dardi bruni nel penetrarsi dentro la metropolitana di Trafalgar Square, ove gli scuri licantropi sbranano da lupi appunto mannariamericani a Londra. Divorando i lor stessi appetiti in fame mai saziata, offerta generosamente, di tutto parsimonioso morso, ai doppiopetti di chi veste, già, giacca e cravatta. Deglutiscono la cena, sminuzzano la carnale aderenza dei vostri “pantaloni”. Corrodono d’incisivi affinati le finezze bugiarde… poi si disperderanno nella brughiera delle nebbie, ululando incantati, inchinati ai pleniluni caldi.

Per tutta la mia vita “orrenda”, perché complicata da questo mio “errore” di fabbrica, ho anelato a trovar chi potesse assomigliarmi. Fra noi illuminati, la chiamiamo essenza dello shining. Dei cuori combacianti in affinità elettive.

Per sfortunate, o forse fortunose circostanze come le tante camere del grande albergo dal nome Overlook, incrociai un uomo nero. Dopo pochi, impercettibili istanti, compresi che riuscivamo a comunicare le nostre emozioni, a dialogare, a scambiarci i più misteriosi, empatici, impensabili pensieri, soltanto col potere telepatico della mente. Voi lo definireste “delirio”, il mio amico David Lynch lo intitolerebbe Inland Empire.

L’uomo nero, anch’egli all’inizio esterrefatto e un po’ scosso da quel che vide dapprima come “pericoloso”, mi sussurrò sottovoce all’orecchio che fors’ero il figlio “illegittimo” della Fata Morgana. Predestinato dunque alla sofferenza perché troppo vispo di vista aguzza in mezzo a un Mondo cieco e che, peggio, finge di chiuder spesso un occhio, bruciando però le streghe.

Non gli diedi ascolto, ritornai in “sella”, pedalai e cavalcai di triciclo fra i mille dedali di questo “ospitale”, disabitato hotel. Un ospedale del Peccato!

Mentre stavo pedalando di tutta lena e calma allegra, sobbalzai dinanzi a una porta oscena! Fui colto dal più mostruoso spavento. Non fu un’allucinazione da “bambino disturbato” ma una rivelazione sconvolgente. Mio padre, là dentro, in un’epoca remota chissà dove…, aveva sterminato le sue due figlie gemelle, le macellò a colpi d’ascia, da cannibale mangiatore soprattutto del suo “cuore”. Di fronte a me, scorsi poi la figura di mia madre, bella e magra, dolce e tranquilla. Ma piangeva. Perché era morta, assassinata dal marito, mia madre inguainata e insenguinata nel fantasma incarnato ad ammonizione perpetua che m’urlò: “Figlio, scappa. Allontanati da questa Redrum!”.  Con le ginocchia ancora screpolate di terrore, tentai di divincolarmi da quella “fantasia”.

Non molti mesi dopo, uccisi mio padre, il padre che aveva ucciso le figlie, blindandolo dentro il labirinto di come, se fuggì una volta dalla prigione della colpa, alla seconda fu tramortito e “freddato”.

L’uomo nero ha sempre ragione…

L’uomo nero conosce gli stregoni, gli “adulti” cattivi. L’uomo nero mi aveva messo in guardia da loro, dal puro horror, ma non gli diedi retta.

Ed è per questo che, per far paura ai bambini, si racconta loro la favola dell’orco.
L’orco (non) è l’uomo nero, è colui che sa come va il Mondo, forse tuo padre all’apparenza si (s)vela in Dottor Jekyll, ma invero giocherà di Hyde… and seek.

Sin a quando un “bambino” ribalterà le regole dei ricatti, delle violenze psicologiche e te la combinerà bella.

Caro Torrance, sei conciato “a festa”. Cosa vuoi da bere, adesso?

 

 

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