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La penna stilografica

Scrivendo

Scrivendo

 

di Stefano Falotico

Abbandonata al mio destino misero e gramo, raggrumata nel mio inchiostro schizzante verganti frasi che conia il mio bislacco autore, gemo in tepore gelante.
Crepita, in me, la voglia imbizzarrente di lasciare questa scrivania e bermi le euforie della gente. Animarmi con loro, corrodermi nei loro ghignanti vizi, addensante il brio di una biro amica, mobile ma triste, ci rattrappiamo in questa sfera modesta. Scorgo un corvo che m’adocchia da dietro la finestra, un’ombra civettuola che ha l’ardire di battere le ali a mio tintinnio del Cuor cardiaco in me scosso e pervaso da tali vitali capricci.
Ma sospiro nere lacrime lagnanti e il Tempo, immobile e apatico, mi lustra mentre la gente, che m’usa per sfogar le proprie ansie, delittuosa m’incide a lor crimini di oratoria “cremosa”.
Un magheggio che non più sopporto, io che mi sobbarco i tedi delle persone qui ad afferrarmi per dar “libertà” colorata ai loro raggrinziti, opachi intestini.
Accasciata in tal mogano troppo pulito da sembrar irreale, presa al lazo da chi mi sfrutta nel dar via ai loro amori sbudellanti, romanticherie “sofisticate” le rifiniscon d’ingegno patetico.
E, strizzata, piango all’unisono con una penna come me affamata di vita.
Stilografiche siamo nel sonno mormorante di tutti i viventi sempre di nuove abrasioni da noi, nell’eternità, distanti.
“Spengo” il suono della Letteratura, non mi meritate. E soffro, soffiando verità nell’esser già stata consumata.
Lo scrittore che stimo è colui che mi bacia carezzevolmente, affinato a raffinate liriche di un’anima, come la mia, prigioniera del nostro assieme flagellato destino.

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