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Dracula mangia le carni e ogni esorcismo non può resistere alla sua (r)esistenza da non morto!

di Stefano Falotico

Profezia millenaria del punitore carnale

La mansuetudine in me non abita, vergo liriche ossute di suffragante dissoluzione e, in tal schianto, m’abbarbico a furenti, ardentissimi quieti porti ove onirico bacio i paletti d’avorio ché, a demonizzarmi da vampiro, slabbrati verrete un(i)ti dal mio selvatico, irrefrenabile morso da invincibile licantropo. Sì, mi congiungo giugulare a un agguerrito giammai arreso in tane mie d’una tundra nera, nella Russia che dondol’armoniosa, Lucifero è me a sposa di Mina stuprata da indotto suicidio. E ombre macchiano il mio altero, ateissimo peccarvi, distruggere di nichilismo atroce con rintocchi avidi di sangue. Nell’alveare vostro da pusillanimi melensi, accoccolandovi in balde ruffianerie, ingravido le mie meningi d’acuto risplenderle ove criptico, qui emerso dalla cripta, sfodererò la vendetta più punente, forte mio combattente, inoppugnabile slancio a dissacrare ogni vostro falso e sconcio rito. Lei donna… a cui sotto un ponte straccio la gonna e se n’imbeve in spermatico sodomizzarla di trivellata cavità con crudeltà pari alla sua inferta cagna che si nasconde casta. Me n’infetto, infilo d’infilzarla e la scopo nel rotearla a suoi orgasmi bagnanti il montagnoso turbinio del lederla nei buchi, lebbra mia a suadente corrosione, ferocia ignobile di mia altezza nobiliare, quindi oltre il giudizio meschino delle vostre finte e baccanali, chiassose divinità. La logoro, tornita di culo avvolge il prepuzio e lo scandisce godendolo crescente di rubiconde, rotonde, rotolanti e fini, sottilissime incandescenze. L’ammantello di figa erosa, palpita in ascesi rosea e con me sente il calor glorioso. La scavo, incuneato a florido temprare le sue pareti martiri dei piaceri, da voi invece sublimati in catarsi malefica alla violenza repressa. Non ci castigherete, sarò io a castrarvi, a grattare in fondo le vostre troie e amputare ogni lor inibizione a nostre intime, suine elevazioni. Il grasso colerà in mia magrezza e gemeranno tutte supine e sudate, afflitte dall’apoteosi lussuriosa insistente e vorace. Imprimerò alle concubine il cubo delle segretezze che celate in nude maschere da me qui depurate, deturpante le cere plastiche.

Scagliatevi di amuleti, io sono qui, fiero della mia forza.

E placarla non potete. Impotenti!

Io sono il Signore, il Principe della notte

E così sarà. Morirete a vedere le vostre puttane, una dopo l’altra in chinata vostra supplicante fila indiana. E caudino qui io adesso a mangiarvi. Tutti e tutte divorate.

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