di Stefano Falotico
Dracula è morto, Nosferatu è vivo e vegeto, evviva il grido silente dei potenti lupi dell’Est…
Ove la Trinità delle montagne, intersecate al dolor mesto dei guerrieri ombrosi, giacerà perpetua in nitriti foschi e floridi degli unicorni furiosi. A fortificata estasi magniloquente del Dio dei venti transiberiani, inchinato al prodigio di Vlad il vampiro, creatura che, a voragini spettrali di sue membra scorticate d’antica magnificenza eburnea come un tagliente e sobrio paletto d’avorio, squama la vastità del tempo(rale) nell’approdar iroso a violenza fulminea del suo crociato barbaro irrequieto e smanioso. Traversando l’oceano, valicando le prigioni arrossenti dell’Inferno terrestre, vi prostrerete fulgidi dinanzi a sua raffinatissima e affilante potenza di fuoco. Di come, fervido d’avvolgente vetustà della sua altera nobiltà, i vostri cuori di pietra sbriciolerà, uccidendo ogni residua viltà, smorendo a languore degli inetti, allibiti, esterrefatti, dirimpetto alla saggezza infinita del suo vivido grembo immolato al più romantico ed eccelso amore sconfinato. Sfibrerà le mentalità vetuste e ottundenti, ché troppo le tempie degli eletti annebbiarono, e tutt’ora infliggono i lor vigliacchi castighi di non miracolosa redenzione, con la protervia laida e meschina di chi non crede più a nulla se non al materialismo di tal nuova, vecchissima Inghilterra. Egli è il Gran Regno che sbarcherà a Tamigi funesto, sfiorando i lembi dei peccatori, mai dei loro delitti delittuosi contenti, forse esal(t)erà l’estremo respiro della sua vita da immortale combattente lanceolato e maledetto. Contro Van Helsing e i suoi prodi, dunque infimi, servi della gleba, i suoi scudieri lo riveriranno, in quest’eroica missione, reggendone il superbo gioco sgelante da mostro transilvanico delle nevi non più ibernanti, ove i “latrati” della sera imbrunente abbrustoliscono ardentissimi d’illuminazione dentale a suoi cani(ni) salivari di gengive erotiche rabbrividenti. Mina ne godette il sangue, e le fu Signore della Notte. Spirito ascetico d’elevatezza schierata, qui, a vessillo del suo invincibile incarnarsi nel castello più lindamente marmoreo e dell’esistenza fieramente, indistruttibilmente, innamorato di sacro Cuore.
Dracula è Dio, è Satana, unisce in sé ogni elemento della Natura a cantico fino al termine… di tutte le paure! E si allupa!
Il mio castello s’erge trionfante e agghindato di foschie perenni, accucciato in una valle disperata, immalinconita all’erosione eterea della mia nobile decadenza notturna.
Mura sfavillanti di nera Luna impressa nel mesmerico profumo tenue e roccioso d’una pietra sacrale a perpetue folgori scagliate nell’antro di blasfema rinascenza…
Il mito di Dracula, attinto dal capostipite Bram Stoker e riletto in una versione sinuosa di liriche a glorificarne l’immortale Nosferatu. Creatura ancestrale, notturna, che al plenilunio danza coi lupi e con l’accorato romanticismo martoriato dalla morte della sua amatissima, mai dimenticata Mina.
Dracula, imprigionato nel suo sarcofago, resusciterà in auge dall’antichità mefistofelica del suo corpo congelato, asperso in senile torpore gracchiante, per librarsi in svettante e risorgente furore, veleggiante coi suoi scudieri servi, al fine di sbarcare a Londra e poter riabbracciare la reincarnata sua eterna Mina…
Un viaggio innanzitutto spirituale, una scandagliante esplorazione della sua anima, da un irredento, lungo sonno assopita nel buio del suo segreto eremo, per rifulgere solare o trafitto dall’insondabile balia dell’ingrato, maledetto, inestirpabile destino?
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