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“Masturbazione o delirio, l’importante è vivere, urlarla!” di Stefano Falotico

In passato, fui docile, sempre remissivo, prodigo a farmi ferire e non sferravo contrattacchi. Rimanevo mordicchiato dai caudini assedi, ma nessun rimpianto. Non siamo più amici, non abbiamo nulla da condividere. Tu sei ancor (s)legato a un Mondo che io ho violentemente e volenterosamente appannato, un mondo piccolo piccolo e ricattatorio, ottusissimo come una capra, che non porta rispetto e per di più s’incaponisce, persevera d’abusi sinché uno perde la pazienza e ci potrebbe scappare il morto, la tragedia di chi non batteva ciglio e or fa cigolare la tua porta abbattuta.

No, chiesi di grazia ché tu non mi recassi disturbo ma fosti impuntato, stupido, d’una testardaggine rara a trovarne. Potrei assoldare il miglior investigatore sulla piazza appunto mondiale…, sai… di quei tipi scrupolosi, girovaghi, da pagar a prezzo d’oro, con un fiuto da tartufo a cui non sfugge neanche una mosca in una grigissima “pioggia” di nebbia. Ma non rintraccerebbe nemmeno l’unghia del piede di porco d’una merda come te. Hai solo foschia nel cervello!

Sì, da quel punto di vista, sei “introvabile”. Tanto acuto da non accorgerti di avere una persona “diversa” in senso positivo ma anche assai imperioso a volerla decretare di tuo imperativo arbitr(i)o. Mi spaventano persone come te, quelle che s’occupano degli affari altrui, venderebbero “cara” la pellaccia pur di quattro puttanine pronte a reggergli il giochino del suo “mongolo”. Sto smoccolando? Colan lagrime? Non esser apprensivo per me. Non è da te, non fingere il coccodrillo. Regala alla tua belloccia la pelliccia.

Io sono il risveglio a tutto il lutto che vedi nel Mondo. Quando mi risvegliai, devo confidarti, ch’ebbi due sole, (im)possibili alternative. O tagliarmi i polsi, forse recider la giugulare e scavalcare la “recinzione” del mio balcone per un salto nel vuoto d’aldilà più parsimonioso, oppure semplicemente vivere.

Come dici? Non hai sentito bene? E quando mai tu hai sentito il prossimo? Hai solo saputo, da saputello, coprirlo del vederlo a tua immagine e somiglianza nel delirio a proiettarglielo e cagarvi addosso.

Sì, ho detto, lo urlo perfino… “Vivere”. Non vedo altre fughe.

Preoccupatevi della tua caccia alle “fighe”, lasciami in pace o ti tormenterò come mai avresti potuto immaginar(mi).

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