… la mia savia, “efferata” brutalità emerge languida, (de)te(r)sa dall’infamie delle vostre educanti-maleducate-false “fami” da “uomini” che cercan solo la f(i)a(m)ma…
Femmine!
… fottute dell’esservi già (s)battute, contrattandovi sol in “edonistici” (con)tatti di lenti miopi dinanzi alla bellissima violenza di come tutti nascemmo puri e non porci ma poi, voi, abdicaste alla congenita, vivaddio, innocenza dello splendore dell’anima color (di)amante per corrompervi in rotture di palle (puru)lente, di “patate” e purè, di patine dolciastre da borghesi sempre con quel “però” davanti alla “bontà” del buon bruciore…, del b(r)uco alla fa(rfa)lla in culo alla b(u)ona, alla balena, un po’ (di)dietro col fin(to) bon ton e a “inton(n)arle” poi di “Dio che…” tonante da tonni, donnaioli, “pattinate” sul ghiaccio di freddezze vostre dell’andar piano e (lont)ano, da cauti in pattine quanto stonati, impantanati e tromba(n)ti, vilmente “virili” nell’esser (bi)front(al)i a g(l)as(sa) d’inibitori freni (s)coperti in gelidi alibi, d’albe algide, da “galanti” gelatai dei vostri fe(ga)ti allo yogurt scaduto, da già caduti, scandenti sol e forse nemmeno i “canditi” d’una marc(i)a (s)finita ancor prima di nascere ed essere veri, nevvero?
Questa è la neve di un vostro orrido, orco “nervo”, che triste inverno…
Allorché, i miei occhi di ve(t)ro, vitrei in quanto corrosisi dallo sventrante vostro “meraviglioso” sempre “sventolar” mententi la poco adamantina vostra mentalità “svenante”, mi (t)ergon nel liquor insanguinato dell’amarezza più s(tra)fottente, come car(t)a vetrata d’una vostra fin(zion)e in filigrana, “cari” Icari e vin(ci)t(or)i carri d’indiana fila ché, brindando voi alla figa, avete perso la vi(s)ta del pudore, della vergogna vostra da foglie di “fighi”.
Siete solo figli di quella puttana di Eva, e io invece A(da)mo m(ai)uscolo del viscido mio luciferino, provocante vedervi in viso, a farvi le “feci…”. E, pungendovi a mela già ammuffita, sveltissimo svelo, senza sveltine, i vostri buffet a me invisi, con buff(ett)o cattivo in quanto son il Diavolo che spu(n)ta a un porco Dio e ti/vi ficca nell’immondizia di questo mondo di mer(de).
Svisceriamo, “caghiamo” questa società tremendamente “dolce”, scompisciatevene e vi piscerò, ché ne abbiam già troppo di crost(at)e di m(i)ele, abbattiamo quest’addolcimento che vi maschera in marcescenti ce(r)n(ier)e da effeminati.
Un “bel” pisellino alla Pasolini!
Sì, odio potentemente l’universo femminile, e m’accuserete d’impotenza quando io, ancor più glaciale, raggelerò le vostre prese per il culo con nuovi, “inne(r)vanti” pugni allo stomaco d’un “fisting” sacrosanto contro ognissanti e contro tutte le risa da fautori delle fate, delle falsità più “sacre”. Io (s)g(r)e(to)lo! (R)issa!
Evviva la blasfemia, bestemmiatemi! Bestie!
Adoro Faust e, sin dalla nascita, dai primi vagiti miei di quando fui spu(n)tato dalla vagina, vaticino una vi(s)ta lontana dalle vostre candide “urla” partorenti soltanto straziante buonismo “materno” da fighette e “bambine” ché tanto oggi van di moda le milf, a dimostrazione dei vostri insanabili mostri, a “regione” di mai risolti, sol(id)i complessi di Edipo. Le pagate coi sol(d)i. Che uomini “liquidi”, “solari”.
E di come, nei pann(olin)i sempre (s)porc(h)i, fate popò ai “culetti” di tal (in)etto viver in Troia.
Vi eviro!
Evviva Ulisse, allora, che torna a Itaca, spacca il cavallo e i proci incula di tutto “tiro” e (st)ira.
Che era da (anti)eroe. Tu, Erode, hai qui trovato il Cristo che t’impalerà alla crucis della Luce più (a)scesa in tuo piallarti. Caro Pilato, ti faccio il pel(at)o e ora al suol’ ti raderò perché la devi piantare! Pian pianino, fuoco fuochino…
Non di “rad(i)o” io spar(g)o il Ver(b)o, sputtanando chi mente alla veritas.
Io sono forse etero, forse oltre nell’etere. Sono eternissimo, coi piedi per terra.
Tutti giù. Sempre più su.
Datemi dell’uomo di Caritas e non avrò Pietà in quanto son più grande di Michelangelo.
Questo è lo scalpello del genio assoluto che ti fa la scultura e, sfanculante le madonnine, non crede ai santini, neppure a Mosè!
Io, già slabbrato, apro ogni “acqu(olin)a in sbocc(i)ata”, ferocemente incazzato a (de)testar con estrema repulsione la vostra “bigiotteria” mentale da bigotti di test(at)e di cazzo poi ipocriti quando (con)viene la “svenevolezza” delle più atroci, schifose romanticherie da froci!
Adoro, mastodontico, l’addentrarmi nel mio giusto tormento travagliante perennemente e gustoso, di pene…, st(r)ingo i tuoi denti sin a sdentarmi come un fumatore incallito d’incisivo noir a tuo sbiancante.
Perché mi piace essere ambiguo, guardarmi allo specchio e “sollevarlo”, indosso il cappello da cowboy in mia miscredente “cappella” da (ra)gazz(in)a messa a cowgirl e quindi al porgerti la ciliegina di “montata”.
Su guancia(le) da culone.
E pelle di “palle” da montone…
Balla, “bello”, bela, stai “buono/a” o ti appendo al “chiodo”…
Recent Comments