Io, qui, aperto a spalancate grida d’una insostenibile rabbia che sempre abbaierà, ché mi rabbuiaste e, con tremenda protervia, voleste uccidere quell’uomo che accusaste, infam(ant)i, d’esser un mero peccatore soltanto perché, a differenza di voi, i merli, si scagliò, sempre si scaglierà e mai domo s’arrenderà, contro il moralismo bigotto della vostra falsa visione “spirituale”, ché siete i primi carnali nel pasto cannibalistico d’una idiozia (pro)tesa sol al porcile macellante.
E io non accetto tal vostro (non) accettare (s)premente, ottuso e contundente.
Accetterò solo me, st(r)ingendo i denti anche se, prosciugandomi, verrò insanguinato dalle vostre anime esangui che si fingon san(t)e.
Libero, romantico, odiato, sgradito, per i fatti miei.
A “fallo” d’una società sbagliata.
E, se leggermi, soprattutto nell’anima profonda, non vorrete, io non vi vorrò.
E, sempre più liber(tin)o, altro(ve) virerò, vi(b)rando da uomo libero, mai stanco.
di Stefano Falotico
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