di Stefano Falotico
Posso considerarmi un eletto, uno che della nausea ha fatto diletto, predilezione di notevole impatto alla mia ansia vivente brade astrazioni per non concimarmi con un Mondo di reietti. Tutti vermi, strisciano plastificati, si concian il visetto di trucchetti, poi struccano chi credon debole, addobbandolo di “dolci sguardi come stelle appassite dell’albero di Natale. A tutto questo scontento, offro il mio scont(at)o, paralisi emotiva del mio Cuore “anestetizzato”, così tanto che lecco il mio cazzo in tenuta stagna per rispolverarlo universalmente incendiante su strusciarmele con esorbitanti, fantasmagorici tocchi svelti, le svelo tutte a innaffiarle, marchio di segno indelebile eppur tangibile, godendo da matto la vostra folle invidia quand’acchiappo un’altra soda di buon tanga. Sì, faccio dell’essere inviso un carro funebre offerto in “san(t)ità” alla vostra deficienza. Soffro anch’io di un “handicap”, un “deficit” da maudit. Se mi dici “Stronzo”, ti strozzo. Potrebbe scapparci il “carcere” ma anche una tua anca rotta come “bonifico”, previo cucir la tua bella…
Posso dichiarare, senza fronzoli né giri di parola, che di mio gira bene così. Alla grande. Verso la grappa dell’anima su dondolio dei piedi calzanti nel cazzone e, se mi disturbi, busso due volte al tuo portone. Alla terza, ti spappolo la testa, caro panzone, con incluso “campanello” e poi chiuderti in casa, assieme alla prova delle tue vene “terse” su affreschi rossi a pareti lagrimanti. Nell’ambiente, mi chiamano per questo “demente”. E, più mi chiamano così, meno mi chino, oh perdente a cui spaccherò pur i denti. D’altronde, ho capito come va questa vita. E devi darmi ascolto, altrimenti ti ruberò anche il “credito”. Quant’hai sul conto corrente? Qualche dollaro e basta? Non mi basta. Pretendo la banca, la cassiera mulatta e la cassaforte su tuo distrutto cranio. Rinverranno il tuo cadavere mangiato dai piranha, in mezzo all’oceano più profondo, con la scritta “Scatola nera a cui lo feci nero, ecco il regalo del pirata”.
Guardatevi in faccia. Non vi fate schifo? Voi fate e basta. A me no. Sono io che ve lo faccio e, se mi va “dritto”, te lo falcio e lo do da mangiar a un cane meno lupo di me. Lui mastica, io addomestico.
Credo che il Mondo sia atrocemente peggiorato. Non sono un moralista, sono un realista. E quindi so.
Ora, piglio te ad esempio conclamato. Di tutto “lustro” c’illustri sempre il tuo scibile. Cosa t’aspetti? L’applauso? Forza, coraggio, stringimi la mano. Poi ti strapperò il braccio. Non mi hai stupito, stupido. Tu ti esibisci per soldi? Non ti credo? Lo fai per più fartene. Più ti mostri “figo” e più hai possibilità di “guadagno” al femminile, aumentato di plurale. Sei un falso. Ti posso vendere al mercato dell’usato? Ti acquisterò poi io stesso. Fidati, io ti stendo e ti adopero come attaccapanni. Sai che gli appendiabiti costano troppo? Ho bisogno di risparmiare sull’arredamento inutile. Il mio giubbotto, quando si (ri)posa, necessita solo d’un “gancio”.
Ecco, sono (in) folle. Ma almeno ingrano la marcia. Se non parte subito, lancio le granate.
E tu, bambina, beccati questa “granita”. Sappi che in mezzo ce l’ho granitico. Se non mi credi, basta che tocchi la leva del cambio. Attenta, non hai la patente. Quindi, palpa solo nei punti giusti. Se no, sbanderai di eccessivo pappato.
Ti troverai con le cosce che, causa mia troppa cloche, non galopperanno molto, cara mia “scaloppina”.
Adesso, salutalo e torna nel tuo abitacolo. Succhia lo scemo al drive-in. Vai via.
Ricorda, faccia di merda. Te la sei andata a cercare. Non hai vie di f… ga.
Per me il Mondo è tutto da black list, in quanto il nero sono io.
Recent Comments