Il segno inestinguibile delle atroci (s)cene di violenza!
Guaite ch’è estirperò l’anima mia estorta di dolorosa potenza. E udirete, mia ipocrisia di “buon” gusto, un “solluchero delicato” di tanto malfamato, malefico strangolarmi. Ora, il trambusto (de)generò l’inaudito, una brusca mossa inaspettata, un cane sciolto, rivoluzionante a guaine di ch’attanagliò “gioviale” e di “giovanile” eff(e)razione. Non mi avete infranto, oh miei infanti.
Infrazioni pericolose a una coscienza, attorcigliata nell’incastro s’evolse imprendibile, scolpendo positiva illuminazione.
Vi sto rintracciando, stampigliati a impress(ionant)e pelli che macererò, l’interferenza creò mitragliatrici furenti, e il buonismo non gelerà l’impeto. Nascondetevi, terrorizzati poi griderete nel pregar un nudo, implorante non perdonarmi. E sarò imperioso, flagello scatenato da divin (rin)toccar stritolante. Avvolto in fasce, qui giacque colui che dall’abisso di ner’acque invoca voi al nubifragio sommergente. Io emergo e sarai immerso di docile benedizione. Tremerete e d’ossa vi spezzerò, mor(d)ente a “infanticidio” trivellato di vostri aberranti abusi arrostendomi soltanto d’apparenza. Cicatriziale, la ferita cospargeste ché sanguinasse a ilarità tanto da voi “osannate”. Alzaste me in gogna m’agognerete tanto il tumefarvi, miei buffoncelli dalle risa ad azzannare? Ti salterò alla gola, gemerai a mordace qui adesso mio morderti. Morirai e moriremo entrambi.
Devastazione esplosiva tu chiama questo mio “onirismo”. E di fugacità sii apprensivo nel non soffrir(mi), sperando che tutto si tranquillizzi.
Chinati e accogli la mia spada d’inchino poderoso, ardimento sacrale dell’evirazione a te animale!
Adoro quando mi chiami Hannibal, mio cannibale! Guardati alle spalle. Forse, la palla tua destra salverò di canin sinistro!
Firmato il vostro (non) a(ni)ma(lizza)to Stefano Falotico
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