Il segno inestinguibile delle atroci (s)cene di violenza!
Guaite ch’è estirperò l’anima mia estorta di dolorosa potenza. E udirete, mia ipocrisia di “buon” gusto, un “solluchero delicato” di tanto malfamato, malefico strangolarmi. Ora, il trambusto (de)generò l’inaudito, una brusca mossa inaspettata, un cane sciolto, rivoluzionante a guaine di ch’attanagliò “gioviale” e di “giovanile” eff(e)razione. Non mi avete infranto, oh miei infanti.
Infrazioni pericolose a una coscienza, attorcigliata nell’incastro s’evolse imprendibile, scolpendo positiva illuminazione.
Vi sto rintracciando, stampigliati a impress(ionant)e pelli che macererò, l’interferenza creò mitragliatrici furenti, e il buonismo non gelerà l’impeto...
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