di Stefano Falotico
L’indemoniato fervore (in)fermo della flagellazione a pandemonio, nessun Purgatorio, ascesi a cuori vostri prima deturpati e poi di pari violenza arsi
Nella mia vita, in questo cammino intrepido e di strada solitaria, accesa a folgori rifulgenti, a chi tentò di placarmi… offrii il mio sorriso canaglia, incastrando i loro neuroni nell’attorcigliare ogni “implacabile” e impietoso incedere e mai arretrare.
L’ostinata protervia di tutti questi miserrimi è qui adesso a macellare quel focoso linciare veloce e vorace. Ché, dal gioco disgustoso del lor spellarmi vivo, risorgente la sorgente punitrice, infiammata al titanico latrarvi e addentar tutta la carne abbrancante, divellerà a fauci falcianti e dilaniarli.
Inversione dello stratagemma “mortificante”, oh miei pusillanimi.
Non vi riverisco più, bensì insisto a “mordente” ché smoriate di “lentezza”.
Le vostre acutezze ora san ferire nuovamente al fine che retroceda, “fuggitivo”, con la coda fra le gambe oppure siete voi che, terrorizzati da un’imprevista mia “accelerata”, correte via a gambe levate?
Chi gridacchia? Il corvo ti sta scornando, il corvo non scorda, il corvo ti stana e strappa il “pelo” da galletto.
No, non credi? Ma tu hai mai creduto alla lealtà, nostro traditore ignominioso? Di bugie vigliacche e più corte menzogne, il tuo rifugio “mesto” dovevi e devi, con “cautela”, preservare. Il “preservativo” d’altro (s)fottere, ingravidare maligno e poi “dartela” con “dissolvenza svenente?”. Oh, mia triste demenza, per tale sciagurato affronto, sfonderò di “delizia” il tuo orifizio, “agghinderò” la tua casa di rafforzate “inferriate”. A proteggerti dal Diavolo che scaturì scattante nel ciel sereno del tuo uccellaccio da maiale.
Sai, è troppo tardi perché tu possa inchinarti ed esser perdonato, guarda Gesù lassù come ti sta “aggraziando” di lagrime che verserai, oh mio inesausto bastardo tanto “ilare” di continue, insistenti vessazioni. Tu continui a credere di poter ridere, scherzare, ballare e altro prender… per il culo?
Avvertenza… ché ti sia “penetrante”, caro giullare. Ché ti sia memorabile a tuo (de)collar.
Giocar di soggiogare contro colui che volesti “inculare”, partorì soltanto il tuo adesso urlare. Oh mio raggirante, ove t’annidi di nascondino? Il topo ha ribaltato la trappola e s’è tramutato in lesto gatto. Spiante e infervorato, “spelacchiandoti”, oh mio degli “stupri” specializzato.
Volesti spogliarmi e invece ti svestirò con sveltezza. Tanto dinamica da farti soffrire di tua a(r)mata “pacatezza”.
Scappa, scappa, stappa e scopa finché puoi, accusa ancora d’impotenza, te l’imploriamo di totale “clemenza”. Ma poi non piangere se sbraneremo la tua concubina deficiente con “dolcezza” e tanti “saluti” di lietezze.
Questa è tua identica ghiottoneria, caro furbesco…
Le imprimeremo un dolore che forse tu, seppur anaffettivo d’indole innata “affettante”, patirai giusto un po’. Dinanzi alla “vivida” essenza d’una morta tua che circuisti per “godertela”, “golosamente” si rifletterà il tuo volto “sbiancante”.
Sperma assassino, mio criminale, “ausculterai” le tue “dure” vertebre incrinarsi nel tremar tutto dell’orrore stampato in sua faccia. E quindi tua cattura. Non è crudeltà, è uguale mostruosità.
Questo è dolore. Questo è solo l’assaggio.
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