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Racconto di Stefano Falotico

La cenere di Cheyenne a “(s)cena” della tua cera 

di

Stefano Falotico

Ride bene chi ride ultimo!

La cenere di Cheyenne a “(s)cena” della tua cera

 

Io non scherzerei con un “pagliaccio” come Sean Penn, con un “pazzo” di tal portata, potrebbe combinarti una festa altrettanto “ridente”, lentina di dolenza e poi piangerai pelle tua nuda spellata a lento “raffreddarti”, non ti sparerà, mio “sapientone”, con un silenziatore violento ma gusterà lentissimamente le tue “confessioni” sinché, sul punto di commozione, cerebrale e della tua anima spurgata, “evirata”, ti squaglierai solo e sbranato dal tuo nazista colpevole.

Bisogna perdonare sempre?

Dimenticare gli orrori e far finta appunt(it)o di niente?

No, la vendetta serve e va servita proprio freddissima.

La tua persecuzione, ostinata da testardo, incurabile nazista della malora, mio arbitrario  “habitué”, abitò in me di rancore, ho fatto molta strada da pellegrino dell’anima per ucciderti con “dolcezza”.

Per umiliarti!

Cannibale, sono qui a “svegliarti”, sono il “Papa” dell’estrema unzione più cruda e spietata. Potrei, dato che sei vecchio e ischeletrito, tu fottuto gerarca che del “cuore” altrui fottesti l’armonia a carne tua “brillante”, potrei sì infierire da fiera egual alla tua “forza”.

Ma invece adotterò una strategia ugualmente bastarda.

“Imbattibile”, cardiaca, scannata, candida nello scandirla di “battiti”.

Ah ah! Fissa questa macchina fotografica, specchiati d’occhi tuoi “accecanti”, sii limpido a sputare, stuprare la tua anima.

La sto catturando, mio cacciatore di coscienze.

Con scrupolo maniacale, adesso zoomo sulla tua faccia da porco.

Cis, chiudi e apri il sorrisino, ti brucerò nel “for(n)o crematorio” d’una cremata, inappellabile giustizia.

Io detengo qui l’erezione di chi spegnesti, “caro” untore, mio padre c’entra relativamente, sono il punitore non solo del suo castigarlo. Tira fuori l’uccellino rattrappito, mostrami il “petto in fuori” da “uomo”.

 

Non sei stato un caporale? E allora?

Cammina “a testa alta” fin a valicar quell’uscio, mi raccomando non cagarti addosso, sotto zero non si riesce neanche a pisciare, sai?

Eh già, tu che travisavi le anime, le tranciavi di “filo spinato”.

Per te, l’importante era aver “campo di concentramento” libero, la tua mentalità spianavi e pian piano sadicamente seppellivi.

Io sono una “merda”. Me ne sbatto il cazzo delle tue “medaglie”.

Ecco l’etica delle tue “etichette”.

No, nessun “dolore”, non voglio marchiarti maiale. Devi “marciare”.

Ora quindi, cammina al gelo e “strizza” le palle, stringi i denti e vai.

Dai, dai! Che ce la fai! Te lo ordino, suvvia.

Sono giovane, sono uno stronzo.

Leggermente meno animale di te.

Ti è piaciuto (il) buffone?

Ride bene chi ride “ultimo!”.

 

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