Sì, gioendo nei campi di mio Padre, signore autarchico, d’aspetto austero, aureo in sue certezze corrucciate per colpa d’un mondo (s)porco, dirimpetto al quale bisogna “accigliarsi” ed esser tremenda-mente irriverenti, (s)fottendolo a sua volta nello svoltar dissacranti, imparai l’arte “arrangiante” dell’esser sé stessi anche nella propria spassosa visione del sesso. “Duro”, (s)fatto a mo’ del fregarsene… Mai abdicando al sociale mal’ di ricatti, m(i)ele e lerce (ri)cottarelle, (in)dotto con l’indole introspettiva all’introiettar questa società di troie e farsene… una ragione, a divertimento di propria erogena “regione” del mandar a culo chi non la pen(s)a come noi. Nati un po’ stronzi, incattiviti per troppi rifiuti, combattenti e, anche sì, “(per)denti” nei lupi congeniti, nella geni(t)ale, scrotal’ sacca di sacchi di mer(de) della collettività coi coll(ar)i “bianchetti”, cancellanti nell’epurar i puri dietro sorrisetti di (s)facciate… Che ca(r)ni!
Ma noi non c’adattiamo, adoriamo la musica incitante all’epica, anche ret(or)i(ca) d’un sogno che naviga perpetuo in li(n)di troppo chiari e limpidi orizzonti espansi, pesci acchiappati eppur inchiappettanti Achab, “spastici” e molli fra vent(r)i molli, per strozzarci nel fottuto incastr(at)o di chi “taglia”. Intagliati a facce di culo nel muso durissimo… dello sbattertela ghignando, sogghignanti l’amarezza dell’alterità e del nostro falotico mutar della vita, così come “coniò” Montale e De Palma ci sarà sempre Tom Hanks di Falò delle vanità.
Evviva Al Pacino!
Fanculo a tua madre natura!
Vai, Melville, rinasci di Moby Dick!
di Stefano Falotico
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