Viviamo d’incenso e ceneri smaltite in ring fradici, nubi piovigginose… anime
Forse l’ingiustizia si fermerà, svaniti i dolori canteremo ossequianti un altare maestoso, gravitando fra tali vili pusillanimi irriconoscenti a vessilli furenti di nostre armate sulla tetraggine sbandierata delle rubate emozioni, dei baci in solitaria aspirati, d’una rettitudine vostra (im)morale che puzza lontan un miglio d’ipocrisia da sputare! Sì, beota… pilucca pure l’acqua benedetta e non credere al mio miracolo, di come guaì l’occhio mancino dello sfoderato, foderatissimo mio coraggio e intrepida virtuosità.
Piangi l’orrore che perpetrasti e nutriti ancor d’orgogli vani. Qui ammantello l’onore dei valori scomparsi e persi...
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